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— La pena comminata dalle nostre leggi per il fallimento colposo è il carcere!
La faccia di Guido si coperse di tanto rosso che temetti egli fosse minacciato da una congestione cerebrale. Urlò:
— In questo caso l’Olivi non ha bisogno di darmi dei consigli! Se mai ciò dovesse avverarsi saprei risolvere da solo!
La sua decisione m’impose ed ebbi il sentimento di trovarmi di fronte a persona perfettamente conscia della propria responsabilità. Abbassai il tono della mia voce. Mi buttai poi tutto dalla sua parte e, dimenticando di aver già presentato il consiglio dell’Olivi come degno di esser preso in considerazione, gli dissi:
— E’ quello che obiettai anch’io all’Olivi. La responsabilità è tua e noi non ci entriamo quando tu decidi qualche cosa circa il destino della ditta che appartiene a te ed a tuo padre.
Veramente io questo l’avevo detto a mia moglie e non all’Olivi, ma insomma era vero che a qualcuno l’avevo detto. Ora, dopo aver sentita la virile dichiarazione di Guido, sarei stato anche capace di dirlo all’Olivi, perchè la decisione e il coraggio m’hanno sempre conquistato. Se amavo già tanto anche la sola disinvoltura che può risultare da quelle qualità, ma anche da altre inferiori di molto.
Poichè volevo riferire tutte le sue parole ad Augusta per tranquillarla, insistetti:
— Tu sai che di me, e probabilmente a ragione, si dice che io non abbia alcun talento per il commercio. Io posso eseguire quello che tu mi ordini, ma non posso mica assumermi una responsabilità per quello che fai tu.