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ch’egli usava ad una impiegata che gli era tanto utile. Eppoi non c’era stato sempre presente Luciano? Egli finì col promettere che non l’avrebbe invitata più, visto che ad Ada ciò dispiaceva. Dichiarava di non voler rinunciare nè alla sua caccia che gli costava tanti denari nè alla pesca. Diceva di lavorare molto (e infatti in quell’epoca nel nostro ufficio c’era molto da fare) e gli pareva che un po’ di svago gli spettasse. Ada non era di tale parere e le sembrava che il miglior svago egli l’avrebbe avuto in famiglia, e trovava in ciò l’assenso incondizionato di Augusta, mentre a me quello sembrava uno svago troppo sonoro.

Augusta allora esclamava:

— E tu non sei forse a casa ogni giorno, ad ore debite?

Era vero ed io dovevo confessare che fra me e Guido c’era una grande differenza, ma non sapevo vantarmene. Dicevo ad Augusta accarezzandola:

— Il merito è tuo perchè hai usato dei metodi molto drastici di educazione.

D’altronde per il povero Guido le cose andavano peggiorandosi ogni giorno di più: dapprima c’erano stati bensì due bambini, ma una balia sola perchè si sperava che Ada avrebbe potuto nutrire uno dei bambini. Invece essa non lo potè e dovettero far venire un’altra balia. Quando Guido voleva farmi ridere, camminava su e giù per l’ufficio battendosi il tempo con le parole: — Una moglie... due bambini... due balie!

C’era una cosa che Ada specialmente odiava: Il violino di Guido. Essa sopportava i vagiti dei bambini, ma soffriva orrendamente per il suono del violino. Aveva detto ad Augusta: