Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/362


359

tavo che Guido m’avrebbe chiesta la ragione di tale abbandono e mi preparavo allora di dargli il fatto suo. Io potevo essere molto severo con lui visto ch’egli non sapeva assolutamente nulla delle mie gite al Giardino Pubblico.

Era una specie di gelosia la mia, perchè Carmen m’appariva quale la Carla di Guido, una Carla più mite e sottomessa. Anche con la seconda donna egli era stato più fortunato di me, come con la prima. Ma forse — e ciò mi forniva la ragione ad un nuovo rimprovero per lui — egli doveva anche tale fortuna a quelle sue qualità ch’io gl’invidiavo e che continuavo a considerare quali inferiori: parallelamente alla sua sicurezza sul violino, correva anche la sua disinvoltura nella vita. Io oramai sapevo con certezza di aver sacrificata Carla ad Augusta. Quando riandavo col pensiero a quei due anni di felicità che Carla m’aveva concessi, m’era difficile d’intendere come essa — essendo fatta nel modo che ora sapevo — avesse potuto sopportarmi per tanto tempo. Non l’avevo io offesa ogni giorno per amore ad Augusta? Di Guido invece sapevo con certezza ch’egli avrebbe saputo godersi Carmen senza neppur ricordarsi di Ada. Nel suo animo disinvolto due donne non erano di troppo. Confrontandomi con lui, a me pareva di essere addirittura innocente. Io avevo sposata Augusta senz’amore e tuttavia non sapevo tradirla senza soffrirne. Forse anche lui aveva sposata Ada senz’amarla, ma — per quanto ora di Ada non m’importasse affatto — ricordavo l’amore ch’essa mi aveva ispirato e mi pareva che poichè io l’avevo amata tanto, al suo posto sarei stato anche più delicato di quanto non lo fossi ora al mio.

Non fu Guido che venne a cercarmi. Fui io che da