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per errore. Ma un secondo calcio gli spiegava meglio il primo ed allora egli si rincantucciava e finchè Guido non arrivava nell’ufficio non v’era pace. Mi pentii poi di aver imperversato su di un innocente, ma troppo tardi. Colmai il cane di gentilezze, ma esso non si fidò più di me ed in presenza di Guido diede chiaro segno della sua antipatia.
— Strano! — disse Guido. — Fortuna che so chi tu sia, perchè altrimenti diffiderei di te. I cani di solito non sbagliano con le loro antipatie.
Per far dileguare i sospetti di Guido, quasi quasi gli avrei raccontato in quale modo io avevo saputo conquistarmi l’antipatia del cane.
Ebbi presto una scaramuccia con Guido su una questione che veramente non avrebbe dovuto importarmi tanto. Occupatosi con tanta passione di contabilità, egli si mise in capo di mettere le sue spese di famiglia nel conto delle spese generali. Dopo di essermi consultato con l’Olivi, io mi vi opposi e difesi gl’interessi del vecchio Cada. Non era infatti possibile di mettere in quel conto tutto ciò che spendeva Guido, Ada eppoi anche quello che costarono i due gemelli quando nacquero. Erano delle spese che incombevano personalmente a Guido e non alla ditta. Poi, in compenso, suggerii di scrivere a Buenos Aires per accordarsi per un salario per Guido. Il padre si rifiutò di concederlo osservando che Guido percepiva già il settantacinque per cento dei benefici mentre a lui non toccava che il residuo. A me parve una risposta giusta mentre Guido si mise a scrivere delle lunghe lettere al padre per discutere la quistione da un punto di vista superiore, come egli diceva. Buenos Aires era molto lontana e così la corrispondenza