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mia biblioteca, per essere preparato a far fronte a qualunque esigenza dell’amante che tanto temevo. Così quel denaro, quando Carla m’abbandonò lasciandomelo, servì per pagare tutt’altra cosa.
Dovevamo passare la sera in casa di mio suocero ad un pranzo cui non erano invitati che i membri della famiglia e che doveva sostituire il tradizionale banchetto, preludio alle nozze che dovevano aver luogo due giorni appresso. Guido voleva approfittare per sposarsi del miglioramento di Giovanni, ch’egli credeva non avrebbe durato.
Andai con Augusta di buon’ora nel pomeriggio da mio suocero. Sulla via le ricordai ch’essa il giorno prima aveva sospettato ch’io soffrissi tuttavia per quelle nozze. Essa si vergognò del suo sospetto ed io parlai molto di quella mia innocenza. Se ero ritornato a casa non ricordando neppure che quella stessa sera v’era la solennità che doveva preparare quelle nozze!
Quantunque non vi fossero altri invitati che noi di famiglia, i vecchi Malfenti volevano che il banchetto fosse preparato solennemente. Augusta era stata pregata di aiutare a preparare la sala e la tavola. Alberta non ne voleva sapere. Poco tempo prima essa aveva ottenuto un premio ad un concorso per una commedia in un atto e s’accingeva ora alacremente alla riforma del teatro nazionale. Così restammo intorno a quella tavola io ed Augusta coadiuvati da una cameriera e da Luciano, un ragazzo dell’Ufficio di Giovanni che dimostrava altrettanto talento per l’ordine in casa quanto per quello d’ufficio.
Aiutai a trasportare sulla tavola dei fiori e a distribuirli in bell’ordine.