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Poco dopo io la lasciai perchè a nessun prezzo avrei voluto arrivare tardi a colazione. Prima di andarmene trassi di nuovo di tasca la busta che io dicevo dei buoni propositi perchè un ottimo proposito l’aveva creata. Sentivo il bisogno di pagare per sentirmi più libero. Carla rifiutò dolcemente di nuovo quel denaro ed io allora m’arrabbiai fortemente, ma seppi trattenermi dal manifestare questa rabbia, se non urlando delle parole dolcissime. Gridavo per non picchiarla, ma nessuno avrebbe potuto accorgersene. Dissi che ero arrivato al colmo dei miei desideri possedendola e che adesso volevo aver il senso di possederla ancora più mantenendola completamente. Perciò doveva guardarsi dal farmi arrabbiare perchè ne soffrivo troppo. Volendo correre via, riassunsi in poche parole il mio concetto che divenne — così gridato — molto brusco.
— Sei la mia amante? Perciò il tuo mantenimento incombe a me.
Essa, spaventata, cessò dal resistere e prese la busta mentre mi guardava ansiosa studiando che cosa fosse la verità, il mio urlo d’odio oppure la parola d’amore con cui le veniva concesso tutto quello ch’essa aveva desiderato. Si rasserenò un poco quando prima di andarmene sfiorai con le mie labbra la sua fronte. Sulle scale mi venne il dubbio ch’essa, disponendo di quei denari e avendo sentito ch’io m’incaricavo del suo avvenire, avrebbe messo alla porta anche il Copler nel caso in cui egli nel pomeriggio fosse venuto da lei. Avrei voluto risalire quelle scale per andare ad esortarla di non compromettermi con un atto simile. Ma non v’era tempo e dovetti correr via.
Io temo che il dottore che leggerà questo mio mano-