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Ma in quel momento il mio animo era proprio quello stesso del Copler, carico di rimproveri e di risentimento. Mi misi a leggere ad alta voce proprio quella parte che il giorno prima avevamo già letta e che io stesso avevo demolita, pedantescamente, e non commentando altrimenti, pesando su alcune parole che mi parevano più significative.

Con voce un po’ tremante Carla m’interruppe:

— Mi pare che questo l’abbiamo già letto!

Così fui finalmente obbligato di dire parole mie. Anche la parola propria può dare un po’ di salute. La mia non soltanto fu più mite del mio animo e del mio comportamento, ma addirittura mi ricondusse alla vita di società:

— Vede, signorina, — e accompagnai subito l’appellativo vezzeggiativo con un sorriso che poteva essere anche di amante, — vorrei rivedere questa roba prima di passare oltre. Forse noi ieri l’abbiamo giudicata un po’ precipitosamente, ed un mio amico poco fa m’avvertì che per intendere tutto quello che il Garcia dice, bisognava studiarlo tutto.

Sentii finalmente anche il bisogno di usare un riguardo alla povera vecchia signora che certamente nel corso della sua vita e per quanto poco fortunata fosse stata, non s’era mai trovata in un frangente simile. Inviai anche a lei un sorriso che mi costò più fatica di quello regalato a Carla:

— La cosa non è molto divertente, — le dissi, — ma può essere sentita con qualche vantaggio anche da chi non si occupa di canto.

Continuai ostinatamente a leggere. Carla certamente si sentiva meglio, e sulle sue labbra carnose errava qual-