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aperta, e, in amore, somigliava alla rondinella che subito pensa al nido.
Ma anch’io facevo all’amore e portavo a casa fiori e gemme. La mia vita fu del tutto mutata dal mio matrimonio. Rinunziai, dopo un debole tentativo di resistenza, a disporre a mio piacere del mio tempo e m’acconciai al più rigido orario. Sotto questo riguardo la mia educazione ebbe un esito splendido. Un giorno, subito dopo il nostro viaggio di nozze, mi lasciai innocentemente trattenere dall’andar a casa a colazione e, dopo di aver mangiato qualche cosa in un bar, restai fuori fino alla sera. Rientrato a notte fatta, trovai che Augusta non aveva fatto colazione ed era disfatta dalla fame. Non mi fece alcun rimprovero, ma non si lasciò convincere d’aver fatto male. Dolcemente, ma risoluta, dichiarò che se non fosse stata avvisata prima, m’avrebbe atteso per la colazione fino all’ora del pranzo. Non c’era da scherzare! Un’altra volta mi lasciai indurre da un amico a restar fuori di casa fino alle due di notte. Trovai Augusta che m’aspettava e che batteva i denti dal freddo avendo trascurata la stufa. Ne seguì anche una sua lieve indisposizione che rese indimenticabile la lezione inflittami.
Un giorno volli farle un altro grande regalo: lavorare! Essa lo desiderava ed io stesso pensavo che il lavoro sarebbe stato utile per la mia salute. Si capisce che è meno malato chi ha poco tempo per esserlo. Andai al lavoro e, se non vi restai, non fu davvero colpa mia. Vi andai coi migliori propositi e con vera umiltà. Non reclamai di partecipare alla direzione degli affari e domandai invece di tenere intanto il libro mastro. Davanti al grosso libro in cui le scritturazioni erano disposte con