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esordio. Ma io volevo la chiarezza: un sì o un no! Forse m’offendeva già quanto mi pareva un’esitazione. Per fare presto e indurla a decidersi, discussi il suo diritto di prendersi tempo:

— Ma come non ve ne sareste accorta? A voi non era possibile di credere ch’io facessi la corte ad Augusta!

Volli mettere dell’enfasi nelle mie parole, ma, nella fretta, la misi fuori di posto e finì che quel povero nome di Augusta fu accompagnato da un accento e da un gesto di disprezzo.

Fu così che levai Ada dall’imbarazzo. Essa non rilevò altro che l’offesa fatta ad Augusta:

— Perchè credete di essere superiore ad Augusta? Io non penso mica che Augusta accetterebbe di divenire vostra moglie!

Poi appena ricordò che mi doveva una risposta:

— In quanto a me... mi meraviglia che vi sia capitata una cosa simile in testa.

La frase acre doveva vendicare l’Augusta. Nella mia grande confusione pensai che anche il senso della parola non avesse avuto altro scopo; se mi avesse schiaffeggiato credo che sarei stato esitante a studiarne la ragione. Perciò ancora insistetti:

— Pensateci, Ada. Io non sono un uomo cattivo. Sono ricco... Sono un po’ bizzarro, ma mi sarà facile di correggermi.

Anche Ada fu più dolce, ma parlò di nuovo di Augusta:

— Pensateci anche voi, Zeno: Augusta è una buona fanciulla e farebbe veramente al caso vostro. Io non posso parlare per conto suo, ma credo....

Era una grande dolcezza di sentirmi invocare da Ada per la prima volta col mio prenome. Non era que-