Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/155

152

Allora fui veramente compassionevole. Essa si comprometteva sempre più.

— Scusatemi, Ada, — le dissi sommessamente e guardandola come se mi fossi aspettata qualche spiegazione. — Io non volevo spiacervi.

Poi fui invaso dal timore che i miei occhi si bagnassero di lagrime. Volli salvarmi dal ridicolo. Gridai:

— Mi sono spruzzato del limone nell’occhio.

Mi coprii gli occhi col fazzoletto e perciò non ebbi più bisogno di sorvegliare le mie lagrime e bastò che badassi a non singhiozzare.

Non dimenticherò mai quell’oscurità dietro di quel fazzoletto. Vi celavo le mie lagrime, ma anche un momento di pazzia. Pensavo ch’io le avrei detto tutto, ch’essa m’avrebbe inteso e amato e ch’io non le avrei perdonato mai più.

Allontanai dalla mia faccia il fazzoletto, lasciai che tutti vedessero i miei occhi lagrimosi e feci uno sforzo per ridere e far ridere:

— Scommetto che il signor Giovanni manda a casa dell’acido citrico per fare le spremute.

In quel momento giunse Giovanni che mi salutò con la sua solita grande cordialità. Ne ebbi un piccolo conforto, che non durò a lungo, perchè egli dichiarò ch’era venuto prima del solito per il desiderio di sentir suonare Guido. S’interruppe per domandare ragione delle lagrime che mi bagnavano gli occhi. Gli raccontarono dei miei sospetti sulla qualità delle sue spremute, ed egli ne rise.

Io fui tanto vile d'associarmi con calore alle preghiere che Giovanni rivolgeva a Guido perchè suonasse. Ricordavo: non ero io venuto quella sera per sentire