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ma di tutto lisciando con tanta ostinazione le ali che non erano lese, l’insetto rivelava di non sapere da quale organo venisse il suo dolore; poi l’assiduità del suo sforzo dimostrava che c’era nella sua minuscola mente la fede fondamentale che la salute spetti a tutti e che debba certamente ritornare quando ci ha lasciato. Erano errori che si possono facilmente scusare in un insetto che non vive che la vita di una sola stagione, e non ha tempo di far dell’esperienza.

Ma venne la domenica. Scadeva il quinto giorno dalla mia ultima visita in casa Malfenti. Io, che lavoro tanto poco, conservai sempre un grande rispetto per il giorno festivo che divide la vita in periodi brevi che la rendono più sopportabile. Quel giorno festivo chiudeva anche una mia settimana faticosa e me ne competeva la gioia. Io non cambiai per nulla i miei piani ma per quel giorno non dovevano valere ed io avrei rivista Ada. Non avrei compromessi quei piani con alcuna parola, ma dovevo rivederla perchè c’era anche la possibilità che l’affare si fosse già cambiato in mio favore ed allora sarebbe stato un bel danno di continuar a soffrire senza scopo.

Perciò, a mezzodì, con la fretta che le mie povere gambe mi concedevano, corsi in città e sulla via che sapevo la signora Malfenti e le figliuole dovevano percorrere al ritorno dalla messa. Era una festa piena di sole e, camminando, pensai che forse in città m’aspettava la novità attesa, l’amore di Ada!

Non fu così, ma per un altro istante n’ebbi l’illusione. La fortuna mi favorì in modo incredibile. M’imbattei faccia a faccia in Ada, nella sola Ada. Mi mancò il passo e il fiato. Che fare? il mio proponimento avrebbe voluto

SVEVO — La coscienza di Zeno — 9