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a mio marito ed anzi le sarei grato se anche lei volesse usare la stessa discrezione.

Anche questo promisi, promisi anche che se mi fosse stata chiesta una spiegazione perchè non mi si vedesse più tanto di spesso, avrei addotti dei pretesti varii. Per il momento prestai fede alle parole della signora e mi figurai che Ada potesse essere stupita e addolorata dalla mia improvvisa assenza. Un’immagine gradevolissima!

Poi rimasi ancora, sempre aspettando che qualche altra ispirazione venisse a dirigermi ulteriormente, mentre la signora parlava dei prezzi dei commestibili nell’ultimo tempo divenuti onerosissimi.

Invece di altre ispirazioni, capitò la zia Rosina, una sorella di Giovanni, più vecchia di lui, ma di lui molto meno intelligente. Aveva però qualche tratto della sua fisonomia morale bastevole a caratterizzarla quale sua sorella. Prima di tutto la stessa coscienza dei proprii diritti e dei doveri altrui alquanto comica, perchè priva di qualsiasi arma per imporsi, eppoi anche il vizio di alzare presto la voce. Essa credeva di aver tanti diritti nella casa del fratello che — come appresi poi — per lungo tempo considerò la signora Malfenti quale un’intrusa. Era nubile e viveva con un’unica serva di cui parlava sempre come della sua più grande nemica. Quando morì raccomandò a mia moglie di sorvegliare la casa finchè la serva che l’aveva assistita non se ne fosse andata. Tutti in casa di Giovanni la sopportavano temendo la sua aggressività.

Ancora non me ne andai. Zia Rosina prediligeva Ada fra le nipoti. Mi venne il desiderio di conquistarmene l’amicizia anch’io e cercai una frase amabile a indirizzarle. Mi ricordai oscuramente che l’ultima volta in

SVEVO — La coscienza di Zeno — 8