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Dovevano esser accompagnate da un’espressione supplice della faccia, difficile a foggiarsi immediatamente dopo la mia lotta con Anna ed anche con Ada, e dal fondo del corridoio s’avanzava già la signora Malfenti richiamata dalle strida della bambina.
Stesi la mano ad Ada, che mi porse subito cordialmente la sua e le dissi:
— Arrivederci domani. Mi scusi con la signora.
Esitai però di lasciar andare quella mano che riposava fiduciosa nella mia. Sentivo che, andandomene allora, rinunziavo ad un’occasione unica con quella fanciulla tutt’intenta ad usarmi delle cortesie per indennizzarmi delle villanie della sorella. Seguii l’ispirazione del momento, mi chinai sulla sua mano e la sfiorai con le mie labbra. Indi apersi la porta e uscii lesto lesto dopo di aver visto che Ada, che fino ad allora m’aveva abbandonata la destra mentre con la sinistra sosteneva Anna che s’aggrappava alla sua gonna, stupita si guardava la manina che aveva subito il contatto delle mie labbra, quasi avesse voluto vedere se ci fosse stato scritto qualche cosa. Non credo che la Signora Malfenti avesse scorto il mio atto.
Mi arrestai per un istante sulle scale, stupito io stesso del mio atto assolutamente non premeditato. V’era ancora la possibilità di ritornare a quella porta che avevo chiusa dietro di me, suonare il campanello e domandar di poter dire ad Ada quelle parole ch’essa sulla propria mano aveva cercato invano? Non mi parve! Avrei mancato di dignità dimostrando troppa impazienza. Eppoi avendola prevenuta che sarei ritornato le avevo preannunziate le mie spiegazioni. Non dipendeva ora che da lei di averle, procurandomi l’opportunità di dargliele.