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ORAZIO CIMA


I

Orazio Cima comparve nelle adunanze sociali ed al nostro club quando io avevo circa venticinqu’anni nel 1886. Era un bel giovine molto bruno dagli occhi arditi, un barbino alla spagnola come usava allora, elegante anche esageratamente per il nostro ambiente di allora perché cambiava di vestito varie volte al giorno come se fosse stato un inglese. Era invece un abruzzese ricchissimo, un latifondista, o, anzi, come io indovinai subito aiutato da certi miei recenti studii di economia politica, un assenteista. Una volta che in mia presenza egli aperse una lettera del suo amministratore e la rinchiuse mormorando chiarissimamente un no deciso io gli dissi: «Il tuo amministratore ti propone dei miglioramenti e tu rifiuti».

«Come lo sai?» domandò stupito.

«Io ho studiato economia politica» mi vantai.

Ma la nostra amicizia s’iniziò prima. Io, poco dopo conosciutolo, e saputo quale vita egli conducesse, mi meravigliai con lui ch’egli avesse prescelto Trieste non avendovi né parenti né affari a sua residenza. Trieste era una bella, era una cara città, ma, avendo la libertà di scelta, in Europa c’erano delle altre città che per varie ragioni si potevano preferirle: Parigi p. e. Io avrei amato ch’egli mi dicesse che Trieste fosse la piú bella città del continente. Invece il Cima mi spiegò ch’egli per vivere bene non aveva la scelta di tutta l’Europa visto che non sapeva che l’italiano e non amava di stare fra gente con cui non si poteva intendersi facilmente. Fra le città ove si parlava l’italiano aveva prescelto Trieste perché vi vigeva la legge sulla caccia austriaca. Il suo passatempo preferito era la caccia e la pesca. Ora in nessun luogo italiano si poteva piú trovare una cacciagione abbondante come nei din-