Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/36

scita dalla scuola egli era stato piú timido, esitante, pauroso. Uno di loro trovava la sua posizione già fatta, ma riteneva che il suo intervento avrebbe significato un progresso per l’azienda in cui doveva entrare. Il secondo, poi, che non trovava nulla di fatto dai suoi antenati, con tutta calma s’apprestava all’emigrazione. Gli spettavano tante cose che l’Italia non poteva fornirgli. Il terzo invece manifestava un grande disprezzo per la politica, ma pensava di dedicarvisi. Non aveva alcun partito ancora e aveva tempo di pensarci. Intanto sarebbe entrato in un ufficio governativo. E il vecchio non s’accontentava di pensare che il mondo non fosse piú quello in cui era nato lui, ma s’incantava a studiare quale dei due mondi avesse avuto ragione. Non c’era verso! Uno dei due aveva sbagliato. Forse egli non sapeva meglio, ma in sua gioventú gli avevano spiegato che sulla terra non ci fosse gioia abbastanza per contentare tutti ed egli l’aveva creduto e, uscito dalla scuola, timidamente aveva bussato alla porta del mondo per domandare: «C’è un posticino anche per me? Potrò conquistarlo?». Questo era il mondo d’allora, quando a questo mondo si era in meno. Che dopo il mondo si sia allungato e allargato? E il vecchio era stato tenuto al suo posto e impedito di andar a comperare il vaglia dal rancore di essere nato in un mondo piú difficile.

«Già, adesso non c’è piú tempo. Sta sicura che per il denaro non c’è pensiero. Addio!» e le offerse il bacio dell’addio. Essa si lasciò baciare sulla guancia e lo baciò poi anche lei sulla guancia. Egli si guardò d’intorno cercando di trovare un altro segno d’affetto da darle. Trovò! Le prese la destra e la portò alle labbra. Era lietissimo di aver trovato. La solitudine a cui s’avviava sarebbe stata abbellita da tale congedo.

Egli s’accinse di montare sul vagone dimenticando di prendere la valigetta che il facchino aveva deposta in terra. Essa la sollevò e gliela porse ridendo molto. Per scusarsi il signor Aghios mormorò: «È il facchino che l’ha lasciata lí. Non trovavo il treno...»

La signora Aghios rise ancora: «E come arriverai a Trieste senza il facchino?».