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PREFAZIONE 11

ta trascuratezza di stile, si confonde lo stile — forma propria, unica e irripetibile — con la lingua — modulo fisso e abitudinario, immobile e per nulla creativo. Cosa importa se Svevo fu povero e inesperto in questo senso, quando seppe crearsi un linguaggio suo particolare, sia pur attingendo, come fece il Verga, a forme idiomatiche? Il compenso dell’inesperienza linguistica e delle improprietà lessicali e sintattiche bisogna saperlo individuare nella novità verbale e prosodica di quella che è la sua forma autosufficiente, e che porta in sé i segni di tutto il suo tormento spirituale e umano. Anche certi pittori del tempo, se giudicati con i canoni accademici e scolastici, risultano incomprensibili. Senza per questo voler fare dei raffronti, ma a puro titolo d’esempio, chi capirebbe il Doganiere Rousseau secondo lo spirito degli accademici?

Renato Poggioli, nella prefazione all’edizione americana di La coscienza di Zeno, nega peraltro che l’italiano di Svevo sia influenzato dal dialetto locale come quello di Verga, e lo definisce piuttosto una specie di esperanto italico o di italiano-pidgin. Bisogna tener presente ad ogni modo che se il triestino è una variante del dialetto veneziano, in esso concorrono però influenze di lingue straniere diverse, quali il tedesco e lo slavo in massima parte. È giusto invece quanto ebbe a sostenere il poeta Umberto Saba e precisamente che Svevo avrebbe potuto scrivere ugualmente bene in tedesco come in italiano. Ma le ragioni per cui scelse l’italiano sono precisate dal Poggioli quando deduce che l’italianismo di Svevo è un caso sociale e psicologico piuttosto che culturale e letterario. Tant’è vero che lo scrittore triestino è uno dei pochi romanzieri italiani che abbiano raggiunto, benché tardi, rinomanza e prestigio europei, e che soltanto menti critiche aperte e cosmopolite ne hanno tempestivamente avvertito il valore.

Sotto questo aspetto l’opera di Italo Svevo, piú che nella celebrata Senilità, ancora allettata da certe pretese grazie letterarie, prende rilievo negli altri lavori, da La coscienza di Zeno in poi, in taluni racconti, tra i quali diversi di questi qui per la prima volta raccolti in volume, dove a una fantasia analitica spesso descrittiva si va sostituendo un a frequenza di scandagli