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cappello nuovo prima di pagarlo, ma capí che ne era obbligato dalla piú rudimentale prudenza. Si levò il cappello a cencio e la faccia venne inondata da un sudore abbondante.

«Caldo?» chiese la ragazza motteggiando.

Egli esitò un istante prima di rispondere. Gli parve che da quella domanda gli fosse stata data l’occasione di spiegare che si trovava in quello stato in seguito alla lunga gita da lui fatta e non per altra ragione. Ma non seppe avere tanta audacia. «Sí! molto caldo!» mormorò rasciugandosi la fronte.

Pagò e uscí dimenticandosi di prendere con sé il cappello a cencio. Il cappello nuovo, troppo piccolo, gli stava in testa in equilibrio e malfermo gli dava immenso fastidio.

In piazza della Barriera per la quale dovette ripassare vide Giovanni con altri tre operai. Si avvicinò loro esitante, sapendo allora per esperienza che ogni sua parola ogni suo gesto sarebbe stato tanto strano da destare sospetto.

L’accolsero con saluto glaciale e lo guardarono con diffidenza. Non era un inganno della sua paura; cosí non lo avevano trattato mai. Lo guardavano con curiosità e nessuno gli rivolse la parola.

A mezzo ubbriaco dal terrore egli ebbe un ultimo tentativo di disinvoltura:

«Si va all’osteria? Pagherò io per questa sera.»

Giovanni gli disse: «Essi sospettano che tu sii l’assassino di via Belpoggio e finché non ti sei nettato di questo sospetto non vogliono venire con te!». Egli comprese che se fosse stato innocente avrebbe dovuto atterrare chi per primo elevava un simile sospetto. Ma che cosa poteva fare con quel tremito che gl’invadeva le membra e gl’impediva persino la parola?

I quattro operai si allontanarono inorriditi da lui. Il loro sospetto era divenuto certezza.

Barcollando egli si allontanò.

Aveva fatto pochi passi quando si sentí preso con violenza per ambidue le braccia e udí qualcuno che vicinissimo al suo orecchio gridò: «In nome della legge».

Ebbe una violenta allucinazione mentre gli rimaneva abbastanza di coscienza per capire che non era altro che un’al-