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e calcolava quale impressione gli doveva produrre di camminare per le vie di giorno quando s’era sentito tanto male a camminarle di notte.

Giovanni gli avrebbe portato delle notizie, le voci che correvano sull’assassino. Aveva l’abitudine di leggere giornalmente il Piccolo Corriere, e cosí sarebbe stato bene informato.

L’avvenimento probabilmente piú importante del giorno innanzi era il suo misfatto!

Il piú importante! Si sentí un malessere come se qualche peso violentemente gli si posasse sul cuore.

Anche i suoi compagni si sarebbero occupati di tale avvenimento.

Come avrebbe avuto il coraggio di parlare del suo delitto, come prima o poi vi sarebbe stato costretto? Fare l’attore in una simile parte, lui che per quanto perverso aveva il sangue che alla menoma emozione gli arrossava la faccia?

Studiò la sua parte. Comprese subito che in quelle circostanze e per quanto fosse da persona poca raffinata, di fronte al delitto, egli era costretto di dimostrare una grande, immensa indignazione. Né calma né indifferenza, perché la finzione sarebbe stata troppo difficile. L’indignazione avrebbe spiegato il rossore, avrebbe spiegato il tremito delle mani e l’attenzione intensa ch’egli non avrebbe saputo rifiutare ad ogni piú piccolo particolare che gli sarebbe stato riferito sul delitto.

Si vestí, e alle 11, l’ora in cui gli operai non ancora l’invadevano, si portò all’osteria vicina. Prima di uscire dalla sua tana la guardò lungamente; aveva l’aspetto solito dopo ch’egli aveva pulita certa polvere che s’era ammassata accanto al letto di Giovanni, sotto al quale erano state smosse le tavole.

Nessuno avrebbe potuto supporre che in quella stanza era celato un tesoro.

All’osteria all’infuori della fantesca non vide nessuno. Con costei, una bella donna quantunque passatella, egli aveva amato talvolta di scherzare; in quel giorno gli riuscí impossibile.