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la mancanza di cose e di aria e, correndo, pensò: “Voglio che mio figlio non rimanga solo”.

Poi la voce fioca, lontana di Bacis gli domandò: «Mi vuole con lei?».

Aghios pensò che l’intervento di Bacis l’avrebbe privato di ogni libertà. Appassionato com’era, con lui non si poteva parlare d’altro che dei fatti suoi. Gli aveva già pagato la gita in gondola ed era ridicolo volesse ora fare un simile viaggio a spese sue. Andare al pianeta Marte per parlare di Torlano? Non ne valeva la pena. Il signor Aghios si strinse meglio al carrello per continuare a celarsi.

Una voce dolce, musicale, ma vicinissima domandò: «Io sono pronta alla partenza, se mi vuoi».

In sogno una parola e il suo suono dipinge intera la persona che la emette. Era Anna, la fanciulla bionda, alta, dalle linee dolci, salvo le mani abituate al grande lavoro. Quell’Anna che s’era lasciata ingannare dalla sincerità della carne.

Il cuore paterno dell’Aghios si commosse fino alle sue piú intime fibre. Egli la voleva con sé per allontanarla da Berta e da Giovanni che la umiliavano e anche dal Bacis del quale non c’era da fidarsi, il traditore che l’aveva ingannata con la sincerità della carne.

E subito essa fu con lui sul carrello, sotto a lui, coperta da quegli stracci che l’adornavano, ma che ricavavano ogni loro bellezza dal suo corpo morbido, giovanile, non ancora sformato dall’incipiente maternità. I capelli biondi svolazzavano nell’aria, che per essi c’era, sotto a loro. Ora non avrebbe piú dovuto esserci del dolore alla tasca del petto. Ma un greve peso v’era tuttavia. Anna probabilmente vi si era afferrata per sentirsi sicura.

E si procedette cosí, senza parole, mentre il signor Aghios pensò: “È la mia figliuola. Le insegnerò a non fidarsi piú di alcuna sincerità”.

Ora il motore del carrello doveva fare un chiasso indiavolato. Tutto lo spazio ne era pieno. E l’Aghios si domandò: “Ma perché la mia figliuola ha da giacere cosí sotto a me?