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Sig.r Petitti ci somministra le armi a combatterlo; esporremo i fatti che ci sembrano giustificare la quarta.
Prima però di entrare in discussione, noi chiederemo a chiunque abbia fiore di senno se, posto vero essere la strada da Ancona a Roma cattiva, mediocre quella da Roma a Napoli, pessima quella da Roma a Civitavecchia, abbia veramente il Sig.r Conte, come si persuade, fatta opera di buon cittadino Italiano spargendo l’allarme, spaventando gli azionisti, e specialmente gli esteri che non improbabilmente sarebbero accorsi coi loro capitali alla grand’opera; e finalmente se la proposta fusione delle società sia vero ed efficace rimedio al supposto male.
Noi abbiamo sempre estimato, essere officio delle scienze economiche lo statuire i modi da procacciare utilità non ai privati, ma al pubblico; di occuparsi del bene dell’universale, non di quello dei singoli; e questo officio ravvisiamo chiaramente nei principj della scienza, i quali proclamando utile al bene pubblico la produzione, insegnano essere grandi produttori non solo gl’industri, ma i dissipatori eziandio, e improduttore soltanto l’avaro: il che certo non affermerebbero se alla privata utilità mirassero, poichè questa esige economia, parsimonia. Ora se la costruzione delle strade in discorso fosse per essere disutile a chi l’intraprende, utilissima all’universale; l’economista, mirando al bene di questo che dee certamente prevalere su quello, non dovrebbe contraddire alla sua missione, alienando i singoli da un opera che, dannosa ad essi, è utile a tutti; altrimenti lasciato l’officio di pubblico economista, assumerà quello di economo dei privati. Nè si dica essere il danno di un cittadino danno dello Stato, per la ragione che il danno della parte torna a danno dell’intiero; perché risponderemmo, che essendo il danno dei singoli produttore di utilità all’universale, il risultato è utilità, non danno. Ma comunque le strade ferrate abbiano a riuscire dannose a chi le costruisce, utili sono sempre allo Stato, e giovano alla utilità generale