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SULLE FRONTIERE DEL FAR WEST 85

I cavalli, come se avessero compresa già l’intenzione dei loro padroni, si erano fermati di colpo su una sola linea, senza però nitrire, ciò che non avrebbe mancato di fare un cavallo europeo.

— E dunque, John? — riprese Harry, mentre il gigante allargava, colla canna della carabina, le erbe.

— Qui era stato preparato un agguato, — rispose il gigante.

— Per noi o per la corriera?

— Per la corriera, suppongo.

— Che vi siano altri lacci?

— È probabile.

— Eppure i cavalli selvaggi che sono passati poco fa galoppavano in questa direzione!

— E saltavano anche molto in alto, — disse il gambusino.

— Mettete i mustani al passo, — soggiunse John. — Non voglio che si rompano le gambe e proprio ora. Eh!... —

In lontananza si era udito, in quel momento, un rombo, a cui aveva tenuto subito dietro una densa colonna di fumo nero, alzatasi in direzione di Kampa.

— Pare che sia saltato qualche deposito di munizioni, — disse Harry. — Mio caro John, deve essere proprio la stazione che se ne è andata in cenere.

— Può darsi, — rispose l’indian-agent, la cui fronte si era assai annuvolata.

— Vuoi proseguire?

— Sì.

— Andiamo dunque a vedere se i Chayennes sono più o meno brutti degli Sioux, poichè io sono certo di vederli ben presto.

— Taci e bada ai lazos: ve ne possono essere ancora. —

Quella seconda nuvola di fumo si era dileguata quasi subito, segno evidente che doveva essere stata prodotta dallo scoppio di uno o più barili di munizioni e non già da un altro incendio; però John possedeva un’orientazione poco dissimile da quella posseduta dagli uomini rossi i quali, al pari dei piccioni viaggiatori, non hanno mai avuto bisogno della bussola, e perciò era più che sicuro di condurre il drappello alla stazione.

Dopo d’aver fatto percorrere ai cavalli un tratto di quattro o cinquecento metri, sempre al passo pel timore di trovare altri lazos, i quattro cavalieri, ormai rassicurati, si slanciarono ventre a terra.

Il sole tramontava rapidamente e l’oscurità cominciava a piombare, avanzandosi da levante. Gli uccelli notturni, nascosti chissà mai dove durante la giornata, forse nelle tane dei cani di prateria come affermano gl’indiani, si alzavano dovunque starnazzando le ali e mostrando i loro brutti occhi fosforescenti.

Ancora pochi minuti e l’oscurità doveva avvolgere completa-