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SULLE FRONTIERE DEL FAR WEST | 37 |
— Colonnello!... Colonnello!...
John Maxim aveva trattenuto per un istante il suo cavallone, mentre un crudele sorriso era spuntato sulle labbra della terribile fanciulla.
— Harry, hai udito? — chiese, con voce un po’ alterata.
— Sì, John.
— E tu, Giorgio?
— Anch’io.
— I volontari chiamavano il colonnello, è vero?
— Verissimo, — risposero i due fratelli.
— Che gli sia toccata già qualche disgrazia?
— È impossibile, — disse Harry. — È fra i suoi uomini e gl’Indiani non possono prendere il campo a rovescio. To’!... Non si odono più che le scariche!... Si combatte forte lassù!... Peccato non esserci anche noi. —
L’indian-agent, poco convinto, attese qualche momento ancora; ma sulla montagna regnava un fracasso così infernale da non lasciar sentire una chiamata.
Gli Sioux, certamente radunatisi in gran numero nella gola del Funerale, dovevano aver dato un assalto furioso, decisi a lasciare le loro vette per scendere nella grande prateria e dare una mano ai Chayennes che dovevano venire da oriente, ed agli Arrapahoes che operavano invece verso ponente mettendo tutto a ferro ed a fuoco.
— Forse avrà raggiunto i suoi soldati, — disse il gigante. — Non è uomo da indietreggiare in faccia a nessun pericolo e non a torto lo hanno chiamato il giaguaro dell’Utah.
— Si va? — chiesero i due scorridori, i quali udivano già qualche palla sibilare in alto.
— Anda, — rispose l’indian-agent, allentando le briglie e stringendo invece le ginocchia. — Sta’ salda in sella, piccina!... —
I tre cavalli ripresero la corsa, mentre le urla di guerra degli Sioux diventavano sempre più intense e la moschetteria aumentava.
In meno di venti minuti percorsero tutto il primo canon, attraversarono delle piattaforme rocciose e s’incanalarono in un secondo, più vasto, i cui fianchi erano coperti di vegetazione ricchissima.
Sotto di loro, a notevole distanza, rischiarata dalla luna, si stendeva l’immensa, la sconfinata prateria, paradiso dei bisonti giganteschi e delle antilopi dalle corna forcute, e paradiso anche del feroce indiano, sempre pronto a difenderla contro l’implacabile invasione dell’uomo pallido destinato a distruggere ormai la razza rossa.
Alia fine del secondo canon i tre cavalieri accordarono un breve riposo ai loro mustani e si misero ansiosamente in ascolto.
Sulla montagna si schioppettava sempre e probabilmente, come