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232 EMILIO SALGARI

rimarremo qui, prima di questa sera le nostre capigliature orneranno gli scudi od i calzoneros di quei vermi rossi.

Nè l’olio nè i nostri rifles basteranno a tenere indietro quelle orde di briganti.

— Vorreste tentare la fuga?

— Di sorpresa.

— E come?

— Eh!... Lasciate fare a me. Dieci uomini rimarranno con voi, ed io mi prendo gli altri, coi due scorridori della prateria.

L’affare non sarà lungo e, prima che gl’Indiani ci siano sotto, saremo tutti pronti a prendere il largo.

— E voi credete che riusciremo a passare attraverso a quelle due colonne?

— Lo spero, se tutto andrà bene.

— E poi?

— Ci diano pure la caccia. I vostri cavalli non saranno peggiori di quelli degl’Indiani.

— Oh no!...

— E ben più riposati. Aprite pure il fuoco a lunga distanza, signor Devandel, e non contate, per un quarto d’ora, su di me. —

Ciò detto l’indian-agent lasciò il ponte, traendosi dietro i due scorridori della prateria ed una mezza dozzina di negri con qualche meticcio.

I rossi guerrieri intanto si avvicinavano, senza però troppo affrettarsi, mandando, di quando in quando, il loro grido di guerra, colla ferma convinzione d’impressionare i difensori dell’hacienda.

La superba Yalla guidava una delle due colonne insieme a Mano Sinistra, montata sul suo splendido cavallo bianco, il quale spiccava nettamente fra tutti gli altri che erano per lo più rossastri o nerissimi.

Portava il suo magnifico mantellone, disteso come un manto regale, e teneva la carabina appoggiata, col calcio, sul collo del suo destriero.

Avanzava impavida, la terribile donna, con un sorriso sprezzante sulle labbra, senza curarsi di abbassare nemmeno la testa quando qualche proiettile, partito dall’hacienda, le sibilava sopra.

L’altra colonna era guidata da Caldaia Nera e da Nuvola Rossa.

I due squadroni, giunti a cinquecento passi dall’hacienda, si scostarono l’uno dall’altro prendendo due diverse direzioni, poi si slanciarono ventre a terra coprendosi di fumo e di fuoco.

Clamori orribili coprivano il galoppo sfrenato dei cavalli.

La moschetteria diventava, di momento in momento, più intensa. Una vera tempesta di palle si abbatteva sull’hacienda, cacciandosi fra tronco e tronco della cinta e rumoreggiando sinistramente sui tetti della fattoria.