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SULLE FRONTIERE DEL FAR WEST 231

Si spegnevano lentamente, fra il fango umido che alleviava un po’ i loro tormenti, e le erbe, mandando di tratto in tratto degli ululati che rassomigliavano a quelli dei lupi quando, resi feroci dalla fame, assalgono i furgoni degli emigranti.

John si appoggiò sul suo rifle e disse finalmente al figlio del colonnello:

— Aspettiamo. —

Il cielo si era coperto di nubi densissime che i lampi, di quando in quando, illuminavano sinistramente.

Il tuono rumoreggiava sempre più intensamente e larghe gocce cominciavano a cadere, crepitando sui tetti dell’hacienda e delle tettoie che la circondavano.

I negri e i mulatti avevano già coperte, sotto le casacche, le batterie dei loro rifles, temendo che da un momento all’altro le pellirosse facessero una nuova irruzione dentro i fossati.

Quei timori non si avverarono.

I guerrieri rossi si erano accampati nella pineta, accendendo dei falò giganteschi sui quali probabilmente arrosolavano i buoi ed i montoni del colonnello, quasi per vendicarsi della sconfitta subita.

Nondimeno tutta la notte la piccola guarnigione dell’hacienda stette in armi. Perfino Mary non lasciò un solo istante i ponti, sfidando intrepidamente la pioggia.

Una vaga speranza cominciava già ad aprirsi la via nell’animo dei difensori, e cioè che gl’Indiani si fossero decisi a rinunciare all’attacco, quando ai primi albori, mentre il cielo si rasserenava, i cinquecento cavalieri ricomparvero sul margine della pineta, divisi in due colonne.

Tutti si erano muniti di grossi rami di pino, per gettarli probabilmente attraverso al fossato ed improvvisare a loro volta dei ponti.

Il giovane Devandel, vedendoli avanzarsi, aveva guardato con estrema ansietà l’indian-agent che gli stava accanto, appoggiato al suo rifle.

— Che cosa ne dite, John? — gli chiese.

Il gigante si scosse e dopo essersi passata più volte una mano sulla fronte, domandò invece:

— Quanti cavalli avete nelle vostre scuderie?

— Una trentina, John.

— Tutti solidi?

— Veri mustani abituati alle lunghe corse.

— Avete delle corde?

— Finchè volete.

— E delle asce e delle seghe?

— Anche, ma per che cosa farne?

— Signor Devandel, — disse il gigante, con voce grave — se noi