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208 EMILIO SALGARI

I tre avventurieri slegarono e tolsero il bavaglio a Minnehaha e scesero frettolosamente a terra.

— Se potessimo avere i nostri cavalli, — disse Harry.

― Saranno fuggiti anche loro scorgendo i pecari, ― rispose l’indian-agent. ― Non contiamo che sulle nostre gambe per ora e cerchiamo di raggiungere al più presto le rive del Weber...

Dunque, al galoppo, piccola coyote!... ― gridò poscia a Minnehaha — e bada che se cerchi di fuggire le nostre palle ti raggiungeranno. —

La fanciulla si strinse addosso il mantello e si slanciò a gran corsa, come per dimostrare che non aveva alcun desiderio di provare i proiettili di quegli infallibili rifles.

La foresta non era che a pochi passi, composta quasi esclusivamente di pini giganteschi che potevano gareggiare per altezza e per grossezza con quelli famosi della Sierra Nevada della California.

In pochi minuti gli avventurieri vi si cacciarono sotto, trottando affannosamente ma rapidamente.

In lontananza si udivano ancora rimbombare delle fucilate, segno evidente che gl’Indiani si erano alfine decisi a far fronte agli ultimi pecari, per non allontanarsi troppo dai luoghi dove speravano di sorprendere i fuggiaschi.

Una mezz’ora dopo John, il quale sapeva orientarsi non meno degl’Indiani, anche senza bussola, avvertì un fragore che si ripercuoteva con una certa intensità attraverso i giganteschi vegetali.

— Il Weber!... — esclamò. — Possiamo considerarci come salvi poichè l’hacienda non deve essere lontana.

— Mentre gl’Indiani non si odono più, ― osservò Harry.

Sfondarono a colpi di navaja una massa di folti cespugli i quali impedivano la vista, e poco dopo giungevano sulla riva del fiume.

Era un bel corso d’acqua, alquanto rapido, il quale si apriva il passaggio fra due sponde bassissime, coperte di enormi ammassi di genziana, di betulle, di artensie eterne e di camel-thorn, somiglianti alle acace della giraffa dell’Africa.

Con un rapido sguardo l’indian-agent si persuase subito che nessun pericolo li minacciava.

Vi potevano essere bensì dei giaguari e dei coguari, animali che amano frequentare le rive dei corsi d’acqua per sorprendere i cervi od i daini e perfino i giganteschi bisonti che si recano ad abbeverarsi, ma non erano quelli tanto formidabili da spaventare quegli abilissimi cacciatori. Erano soli gl’Indiani che potevano dare loro dei grossi fastidî.

― Giacchè gli Arrapahoes non sono ancora giunti, riprendiamo la corsa, camerati, ― disse John. ― Quel maledetto gambusino sa ormai dove andiamo, e non tarderà a guidare Yalla e Caldaia Nera sulle nostre tracce.