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CAPITOLO XVIII.


Yalla.


Pochi istanti dopo, l’oscurità che circondava Nuvola Rossa veniva rotta da una luce vivissima mandata da una mezza dozzina di rami d’ocote, che altrettanti guerrieri si erano affrettati ad accendere.

Mano Sinistra, il gran capo degli Arrapahoes, che colle sue bravure si era acquistata una terribile fama non solo nell’Utah, ma anche al di là delle frontiere messicane, si era avanzato verso il marito di Yalla, tenendo verso di lui le mani tese.

Il terribile guerriero, che aveva dato sempre molto filo da torcere agli uomini bianchi del Far-West e che doveva più tardi cadere nell’imboscata furiosa del colonnello americano Chivington, comandante del terzo Reggimento dei volontarî del Colorado, insieme ad altri famosissimi Capi indiani, era un uomo di forme gigantesche, capace di lottare anche senz’armi contro un orso grigio delle Montagne Rocciose e forse vincerlo.

Il suo corpo, nudo fino alla cintura, mostrava un numero infinito di cicatrici che si sarebbero potute scambiare per tatuaggi, mentre invece non rappresentavano che colpi di coltello e colpi di tomahawah o di fucile, ricevuti in più di cento scontri, respinti sempre vittoriosamente.

La sua testa era adorna d’un gran ciuffo di penne trattenute da un largo cerchio d’oro, ciuffo che poi si prolungava dietro il dorso, scendendo fino quasi a terra, formato da lunghe e bellissime penne di tacchino selvatico.

Le sue gambe portavano dei calzoneros di velluto alla messicana, aperti in parte per lasciar vedere i mocassini di pelle ricamata, adorni, lungo le cuciture, di capigliature umane bionde, brune o nere strappate ai vinti nemici.

— Mio fratello non cercherà d’ingannarmi? — chiese il guerriero, dopo d’aver guardato attentamente Nuvola Rossa, il quale col suo costume di gambusino poteva far sorgere qualche sospetto.

— Ti ho detto che mi manda Yalla e che Yalla è mia moglie, — rispose Nuvola Rossa. — Nella prateria tutti sanno che da molti anni essa ha sposato un capo dei Corvi.