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14 | EMILIO SALGARI |
— Eppure qualche motivo imperioso deve aver costretto questo giovane a forzare il passo del Funerale, — disse il comandante, il quale non riusciva a staccare i suoi sguardi da Uccello della Notte.
— Certo, signor Devandel. Questi due animali ci giuocano. Sarebbe meglio finirla, giacchè l’uragano è cessato e la luna è tornata a mostrarsi.
Fuciliamolo prima che ci sfugga; la fanciulla la terremo con noi. —
Il colonnello, che aveva già comandato un gran numero di esecuzioni, guardo l’indian-agent quasi con smarrimento.
— Fucilarlo! — disse poi, con voce sorda e alterata. — E se ti dicessi, John, che io esito?
— V’interessa quel giovane?
— Io non lo so, ma provo qui dentro una strana emozione che non saprei spiegarti.
— Non avete il diritto di graziarlo.
— Lo so, purtroppo: la nostra è una guerra di esterminio.
— Volete che comandi io?
— Sì.... sì.... non voglio assistere alla morte di questo giovane, — disse il colonnello, con voce affannosa.
— Fra un minuto tutto sarà finito, — rispose l’indian-agent, facendo segno ai due scorridori di prateria d’impadronirsi dell’indiano.
L’Uccello della Notte fu tratto fuori dalla tenda, colle braccia strettamente legate dietro al dorso.
La piccina lo aveva seguìto, mentre il colonnello, sorpreso da una inesplicabile angoscia, che gli faceva martellare fortemente il cuore, si lasciava cadere sulla sella d’un cavallo, prendendosi la testa fra le mani.
L’uragano era cessato e la luna appariva splendidissima fra lo strappo d’una gigantesca nube ancora gravida di pioggia.
Un vento freddo calava dalle alte gole della catena e rumoreggiava sinistramente dentro la gola del Funerale.
I cinquanta uomini che formavano il corpo di spedizione erano tutti accorsi per assistere all’esecuzione.
John Maxim fece condurre il condannato all’imboccatura della gola, legandolo ad una roccia che sembrava un albero pietrificato.
— Hai null’altro da dire? — gli chiese.
L’Uccello della Notte sorrise con disprezzo e concentrò tutta la sua attenzione su Minnehaha che si era fermata a dieci passi da lui e che conservava una calma spaventosa.
Sei soldati si erano schierati dinanzi al giovane guerriero, puntando i fucili.
— Facciamo presto, — disse l’indian-agent. — Via la piccina. —
Harry, lo scorridore, trasse con sè Minnehaha. Quasi nel medesimo istante sei colpi di fucile rimbombavano, seguiti da un settimo: il colpo di grazia.