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CAPITOLO XVII.
Nell’epoca in cui infuriava sulle praterie dell’Utah, del Colorado, dell’Arizona e del Wyoming l’insurrezione indiana, il grande Lago Salato non era stato ancora invaso dai Mormoni, quindi non aveva nè città, nè villaggi, nè ferrovie, nè battelli a vapore.
Era, si può dire, noto solo ai cacciatori di prateria, ai pionieri delle frontiere e naturalmente agl’indiani Arrapahoes, Navajoes ed Apaches i quali abitavano per lo più i margini del Deserto Salato, verso ponente, dove potevano tener testa a qualsiasi invasione di visi-pallidi.
Il grande Lago Salato è una delle meraviglie più strane degli Stati Uniti e non vi è il suo simile in tutto il mondo.
È lungo una settantina di miglia, con una larghezza di poco più di trentacinque, e si trova situato a milledugentosessanta metri sul livello del mare, quasi ai confini settentrionali dell’Utah.
Un tempo la sua estensione doveva essere immensa, anzi si suppone che spingesse le sue acque fino ai piedi della Sierra Madre, della Goose-Greek e dell’Humboldt, coprendo una superficie non inferiore alle centosettantacinque mila miglia quadrate.
Il sollevamento graduale delle sue sponde, il cui circuito mostra in certi tratti perfino tredici spiagge scaglionate, formanti una interminabile serie di terrazze, ha finito per concentrare le acque ed imprigionarle strettamente.
Un accrescimento anche poco notevole della superficie basterebbe per inondare tutte le rive a grandi distanze, e se la piena dovesse elevarsi a soli centonovantacinque metri, tutte le sierre verrebbero quasi totalmente sommerse ed i loro cañones trasformati in tanti seni e tanti stretti navigabili.
Fortunatamente anche quando i suoi fiumi ingrossano, la superficie del Lago non si alza quasi mai a più d’un metro e venti centimetri e sorpassa facilmente le spiagge che la rinserrano riversandosi nelle pianure sottostanti, sempre pronte ad assorbire le acque.
L’atmosfera che si stende sopra quello strano lago non è quasi mai pura e trasparente: vi regna una nebulosità monotona, che ha