Pagina:Sulle frontiere del Far-West.djvu/162

158 EMILIO SALGARI

— Non so se siano Chayennes, Sioux o Arrapahoes, essendo la notte troppo oscura, ma certamente non devono essere dei visi-pallidi.

— Li avete veduti?

— Uditi solamente.

— Harry, Giorgio, fate alzare i cavalli e preparateli, e noi, gambusino, andiamo a vedere.

— Non mi sono ingannato.

— Non ne dubito. —

Uscirono rapidamente, urtando contro Minnehaha che in quel momento stava entrando sotto la tettoia, borbottando.

La notte era assai oscura e larghe gocce cadevano rumoreggiando stranamente sulle fronde e sugli ammassi di carbone.

— Da quale parte? — chiese John.

— Laggiù.... guardate.... non vedete qualche ombra agitarsi nell’oscurità?

— Qualche esploratore?

— Può essere. —

L’indian-agent si gettò a terra ed accostò un orecchio al suolo ascoltando attentamente per parecchi secondi.

— Vengono e devono essere moltissimi, — disse poi, alzandosi. — Presto, a cavallo, e scendiamo verso la prateria giacchè essi salgono la sierra. —

I due avventurieri tornarono precipitosamente verso la capanna, dove già i cavalli si trovavano pronti a balzarono in sella.

Minnehaha era già in arcione del secondo cavallone.

— Via!... — comandò John.

Nel medesimo istante si udirono echeggiare, fra la nebbia, ]e stridule note dell’ikkischota, il fischietto di guerra degl’Indiani, poi rimbombarono alcuni colpi di fucile.

La caccia ricominciava.