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152 EMILIO SALGARI

L’indian-agent ebbe un sussulto e nei suoi occhi brillò un lampo di speranza.

— Che siano i nostri che continuano a ronzare in questi dintorni?

— Devono essere ben più di quattro, — rispose Nuvola Rossa. — Non potrebbero produrre un fragore così intenso, anche se lanciati ventre a terra.

— Non importa!... Ho capito!... — gridò John, raggiante. — Chi vuole cavalli se li prenda, quantunque io preferisca sempre il mio. Presto, i lazos!...

— Che cosa dici, camerata? — chiese Harry.

— Obbedisci e basta. So io di che cosa sì tratta.... Ah!... Le brave bestie!... E sono due giorni che cercano i padroni!... Finchè vivrò, non darò più un solo colpo di sperone.

— I lazos, — disse Nuvola Rossa, il quale forse era il solo che aveva compreso di che cosa si trattava. — Passeranno di qui, ne sono sicuro. —

I quattro avventurieri ed anche la piccola indiana si erano precipitati fuori dalla tettoia.

Le tenebre erano calate già da qualche ora, però una luna magnifica splendeva in cielo, innalzandosi sopra i più alti picchi della sierra.

Ormai tutti udivano distintamente il galoppo furioso di una grossa truppa di cavalli, la quale pareva che si dirigesse precisamente verso la spianata della miniera.

Non sapendo ancora se si trattava di cavalli liberi o montati, malgrado le assicurazioni del gambusino, si erano armati dei rifles, poichè poteva darsi invece che fosse una banda di Chayennes di ritorno da qualche fulminea scorreria.

— Gettatevi dietro i mucchi di carbone!... — gridò l’indian-agent. — A me, Harry!... Tu, Giorgio col gambusino!... —

Il rombo prodotto da un gran numero di animali lanciati a corsa sfrenata, diventava di momento in momento più intenso.

Pareva che una caballada scorrazzasse le boscaglie che si stendevano intorno alla miniera, in preda a qualche improvviso panico.

Eppure non si udiva nessun grido umano, segno evidentissimo che tutti quegli animali non avevano sui loro dorsi dei cavalieri; poichè difficilmente l’indiano, quando è lanciato alla carica, tace il suo grido di guerra, anche se non ha nessun nemico da combattere dinanzi a sè. Solamente quando si trova sul campo di battaglia, all’agguato, non fiata più.

Erano trascorsi quattro o cinque minuti, quando i quattro avventurieri e Minnehaha videro sbucare, a corsa sfrenata, dal bosco che si stendeva dinanzi alla miniera, quattro cavalli, due altissimi, di dimensioni poco comuni, e due più bassi e più magri, colle criniere al vento e le lunghe code in alto, i petti coperti di schiuma.