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SULLE FRONTIERE DEL FAR WEST 107

aveva il dono dell’orientazione, si era messo in testa al drappello e guidava la corsa sfrenatamente, poco importandogli ormai di rovinare completamente i cavalli che sapeva di non poter salvare.

Gl’Indiani non avevano cessato l’inseguimento, però erano rimasti indietro e non si vedevano quasi più, perchè riparati dietro le prime boscaglie. Le loro urla, sempre furibonde, giungevano agli orecchi dei fuggiaschi, quantunque più fioche.

Per una mezz’ora ancora John continuò la corsa, salendo i primi contrafforti della Sierra, anche quelli coperti di piante che diventavano sempre più folte, poi si arrestò sul margine di una radura che gli si era improvvisamente aperta dinanzi, priva di verdura e cosparsa invece tutta di polvere nera.

Alcune tettoie, quasi sfasciate, occupavano un lato; un altro era ingombro di traverse di ferro e di legno accumulate alla rinfusa e di vagoncini sgangherati e colle ruote in aria.

Qua e là poi si vedevano ancora ammassi di carbone, che più nessuno si era curato di portare via.

— La miniera? — chiese Harry.

— Tutti a terra!... — comandò l’indian-agent. — Prendete le armi, le munizioni, le coperte e soprattutto non dimenticate i lazos.

— Ed il secondo zampone d’orso che costituisce l’unica nostra risorsa, — aggiunse Giorgio.

In un baleno furono tutti a terra.

John si mise in ascolto.

Le grida degl’Indiani echeggiavano sempre, ma ben lontane.

— Togliete le selle e gettatele in mezzo ai carboni, — comandò l’indian-agent.

— Anche le briglie ed i morsi? — chiese Harry.

— Tutto: presto, non abbiamo un minuto da perdere. —

I quattro cavalli furono rapidamente spogliati delle loro bardature.

John, un po’ commosso, si accostò al suo cavallone, lo accarezzo sul muso, poi gli disse:

— Va’, mio bravo compagno di fatiche. Chissà che non ci ritroviamo un giorno, se gl’Indiani non ti pretenderanno. —

Poi si slanciò verso un’armatura di ferro, in forma di triangolo, alta parecchi metri e che allargava le sue estremità inferiori intorno ad un pozzo tenebroso, dove vedevasi un’ampia botte sospesa, con solide catene di ferro, ad un verricello.

— Siamo salvi!... — gridò John. — La gabbia dei minatori non è stata levata.... Amici, montate e tenete strette le catene, poichè dovremo calarci da noi. —

Harry, Giorgio, Nuvola Rossa e Minnehaha entrarono, non senza una certa impressione, nella botte oscillante nel vuoto.