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102 EMILIO SALGARI

Parecchi cavalli indiani erano andati a gambe levate trascinando seco i cavalieri, e gli altri, spaventati dal fragore della fucileria, malgrado le grida dei loro proprietarî, avevano dato di volta appena giunti a duecento metri dai furgoni.

— Tenete duro!... — gridò John, il quale sparava alla testa dei volontari della stazione. — Cerchiamo di decimarli prima che facciano uso dei loro tomahawah. —

Approfittando di quella momentanea ritirata, i carri si erano rimessi in marcia, quantunque anche gl’Indiani avessero cominciato a far fuoco, maltrattando non poco i cavalli dei furgoni.

Quella corsa non doveva durare molto. Il fuoco s’avanzava sempre più rapido, spingendo fino sopra i furgoni ondate di scintille, e i pelli-rosse, niente scoraggiati da quel primo scacco, tornavano alla carica con maggior furore, impazienti di finirla, prima che l’incendio divorasse ogni cosa e li costringesse, a loro volta, a battere in ritirata.

L’indian-agent scosse il capo con un fare desolato.

— Triste giornata! — mormorò. — Sarebbe stato molto meglio che questi uomini fossero rimasti alla stazione. Questo combattimento finirà in uno spaventevole macello. —

La lotta era ricominciata con grande furia d’ambo le parti. Gli squatters, vedendosi ormai perduti, non avevano che un solo pensiero: atterrare quanti più nemici potevano prima di cadere.

Le scariche si succedevano alle scariche. Molti pelli-rosse, che si erano spinti troppo innanzi, vuotavano l’arcione crivellati di palle coniche, ma anche molti squatters stramazzavano fra le erbe o fra le zampe dei cavalli.

John, Harry, Giorgio ed anche il gambusino, questo però molto di malavoglia, di quando in quando facevano delle cariche disperate alla testa del piccolo gruppo dei volontari, per sbarazzare i furgoni che si trovavano troppo alle strette. Erano però vani sforzi.

I terribili guerrieri, se si ritiravano dinanzi a quei fulminei attacchi, non tardavano a radunarsi, e dopo d’aver scaricate le loro armi da fuoco tempestavano i carri coi loro tomahawah che lanciavano con una destrezza incredibile, spaccando non poche teste.

Ben presto un furgone, che già cominciava ad essere avvolto dal fumo che il vento spingeva, fu isolato, ed allora successe un massacro orrendo. Gli squatters che lo difendevano, cinque o sei in tutto, furono atterrati a colpi di fucile, di scure e di lancia e subito scotennati; le donne furono strappate, malgrado la loro feroce resistenza, gettate attraverso le gualdrappe dei mustani e portate via; i fanciulli gettati prima in aria e poi sbatacchiati contro le ruote del furgone fino a spaccare i loro crani.

Nessuno aveva potuto accorrere in aiuto dei disgraziati, avendo