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e dell'industria mecanica dei popoli | 285 |
cagioni mettono gran tempo a maturare i loro effetti. Una costituzione si può cambiare radicalmente in un giorno; ma a mutare sostanzialmente i costumi di un popolo si richieggono anni, ed alle volte dei secoli. Di qui è nato che in Italia, anche sotto la tirannide, viveva latente, a guisa di naturale eredità, la libera indole de’ padri nostri. Di qui ne viene eziandio, che un despota il quale distrugga la libertà, non distrugge subitamente nè lo spirito militare, nè le scienze, nè le arti; benchè vi instilli un narcotico veleno, che infallibilmente le farà decadere, e più tardi perire. Anzi se il distruggitore della libertà è un uomo di genio, può avvenire che, stringendo in un fascio quelle stesse forze che la libertà aveva alimentate ma non unite, egli riesca a fare delle conquiste, e ad accaparrare le adulazioni venali, fors’anche il sincero entusiasmo dei poeti e degli artisti. La ingannevole meteora svanirà inevitabilmente, e lascerà a nudo i suoi funesti effetti; ma li storici superficiali che scriveranno nelle susseguenti età di prostrazione e di servitù, non mancheranno di dire che il grande Alessandro, il grande Augusto, il gran Luigi XIV, il grande questi o quegli, fece le tali e tali altre gran cose, e protesse gloriosamente le lettere e le arti. Aggiungeranno però che, per isventura, la dappocaggine del suo successore A, le concubine del successore B, li eunuchi del successore D, lasciarono sfuggire le conquistate regioni, languir il commercio e l’industria, eclissarsi le arti e le scienze, falsarsi il gusto, rovinar i ponti, guastarsi le strade, corrompersi i costumi, convertirsi le floride e popolose provincie in solitudini pestilenziali.
In quanto all’Austria ed alla Prussia, alla Russia ben anche se volete, quei paesi hanno un’industria non mercè, ma non ostante i loro dispotici governi; l’hanno in parte quale avanzo ereditario della libertà che già fu in molte delle loro provincie; in parte per l’esempio irresistibile delle vicine nazioni libere: infine perchè il terrore di nuove rivoluzioni teneva a freno i despoti ed i lor favoriti, e costringevali a dar qualche appagamento alle esigenze della publica opinione. Troppo son facili li uomini a denigrare il non riuscimento, ed in ispecie le rivoluzioni apparentemente fallite. Dico apparentemente, perchè quantunque fatali per lo più a chi le tenta, purchè abbiano uno scopo giusto, giovan sempre più o meno agli altri. In primo luogo la non riuscita è un previo tributo che la inesorabil fortuna suole esigere in prezzo del susseguente riusci-