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e l’accuratezza, che traspirano abbondantemente dalle sue pagine. Parlando egli alli Signori Provveditori della Città dell’opera sua, così scrive: Per giovare a’ miei concittadini con la Storia della patria nostra ho voltato e rivoltato con sommo studio e diligenza, a niuna fatica perdonando, quante istorie, quante croniche, quanti annali, in somma quante scritture ho giudicato potermi dar qualche lume a ritrovare la verità; seguendo a dire: che quantunque abbianvi assai mancamenti nella memoria delle cose antiche, tuttavolta spera di aver trovato e raccolto quanto per umana diligenza si potea ritrovare. Il perchè, tutte queste cose dirittamente considerate, non sarebbe che irragionevolezza il dipartirsi dal Dalla Corte, ed il negare di peso un fatto, di cui, nel lib. X, egli prende a scrivere non tanto come di cosa vera, ma come di fatto notorio, e il principale che sia accaduto nel 1303, quando Angelo da Reggio era il podestà di Verona.

Stabilita per questa forma la fede al