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ognuno, le circostanze si andarono a variare all’infinito; specialmente quelle che appartengono alla catastrofe, intorno alle quali è assai curioso, per esempio, veder il Carli (ultimo degli storici patrii e il compendiatore di tutti) che giunto a dover dire di Giulietta e Romeo, lunge dal mostrarsi messo alle prove per chiarire il vero, egli, (che avvisa nella sua prefazione di aver avuto l’agio amplissimo di tutto vedere, e cronache e registri di monasteri ec.) scrive all’opposto di voler seguire il Dalla Corte; ma poi non fa neppur questo, e prendendo l’aria del novelliere vi mette tanto del proprio da non far trovar più concordia fra il copiatore e il copiato.

È la seconda, che dalla storia del Dalla Corte alle due sopraccitate Novelle e Poemetto, la prima fede è dovuta certo allo storico, il quale non abbisogna nè dell’amplificazione nè dell’artifizio del novelliere e del poeta. Che per altro dove lo storico si accorda nella sostanza ancora con questi, è ben fatto; viceversa, spiegar con essi lo