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delle traduzioni. 13

E per verità non è verisimile che per tremila anni l’ingegno d’Omero sia rimasto superiore a tutti gli altri poeti. Ma nelle traduzioni, ne’ costumi, nelle opinioni, in tutte le sembianze di quel tempo omerico, ci è qualche cosa di primitivo che insaziabilmente diletta: ci è un principio del genere umano, una gioventù de’ secoli, che leggendo Omero ripete ai nostri animi quell’affezione di che ognora ci commove il rimembrare della nostra fanciullezza: e questo interno commovimento, che si mescola colle imagini dell’aureo secolo, fa che il più antico de’ poeti sia da noi anteposto a tutti gli altri poeti. Che se alla composizione omerica togli quella semplicità di un mondo che incomincia, ella non è più singolare, e diviene comune.

In Germania si è voluto da molti eruditi che le opere d’Omero non fossero composte da un solo; e che l’Iliade e l’Odissea fossero una raccolta di canti diversi, coi quali si celebrava in Grecia il conquisto di Troia, e ’l ritorno de’ vincitori. A me pare che questa opinione si possa facilmente contraddire; e che l’unità di concetto della Iliade non conceda il credere quella diversità e di scrittori e di tempi. Perchè proporre unicamente di cantare lo sdegno di Achille? I fatti seguenti, e sopra tutto la presa di Troia ond’ebbe fine la guerra, doveano naturalmente esser subietto a quelle rapsodie che si dicono da diversi autori composte, e doveano divenir parte di quel poema che s’intitola da Troia. Ora lo eleggere fra tanti casi uno solo, cioè la collera di Achille, e intorno a quello ordinare tanti accidenti che