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56 S. MOTTURA


A questo si deve aggiungere la presenza degli olii e delle sostanze bituminose in tutte le rocce dell’epoca solfifera, le quali dovettero operare come scioglienti sopra una parte dello zolfo. I cristalli isolati infatti che si incontrano nelle solfare, ed anche alcuni massi di zolfo puro come quelli che si trovano nella solfara di Casteltermini, provengono, come i cristalli delle Romagne, dallo zolfo contenuto in soluzione in seno a questi olii od a questi bitumi. Non si deve tuttavia attribuire un’influenza in vasta scala all’azione sciogliente di questi olii, sia perchè piccola è la quantità di bitume che si incontra nelle solfare (poche eccettuate), sia perchè un’influenza di questa natura avrebbe avuto per effetto di concentrare lo zolfo in alcuni punti speciali, distruggendo quell’associazione costante dello zolfo e del calcare nel rapporto di 24 a 76 che si osserva nelle solfare, fatta astrazione dalle materie estranee, e che dimostra in modo evidente che questi elementi erano insieme chimicamente cementati.

3° Nei laghi di Tivoli le erbe che crescono sulle loro sponde, le foglie che si trovano nelle loro acque, sono prima incrostate e poi petrificate, mentre in Sicilia il legno fossile e le foglie che si trovano nel minerale, sono perfettamente conservate. Nelle solfare di Racalmuto si incontrò tuttavia un’erba simile a quella che si incontra nelle paludi ed anche nelle acque correnti, perfettamente petrificata dal carbonato di calce, come le erbe che si trovano nei laghi sopraccennati. Alle diverse ramificazioni di quest’erba erano aderenti cristalli di zolfo giallognoli perfettamente trasparenti. Questo saggio dimostra che le acque dei laghi solfurei contenevano in soluzione bicarbonato di calce ed in conseguenza altresì idrogeno solforato. Egli è quindi probabile che dalla scomposizione dell’idrogeno solforato pervengano altresì i cristalli di zolfo che ingemmano la petrificazione suddetta. Allorchè il minerale proviene dalla scomposizione del monosolfuro di calcio in presenza dell’atmosfera, le piante che si trovano immerse nelle acque solfuree non possono sicuramente venire petrificate per la ragione che il carbonato di calce, a misura che si forma dalla scomposizione del monosolfuro di calcio in presenza dell’acido carbonico e dell’ossigeno atmosferico, si precipita, nè può passare allo stato di bicarbonato, nè in questo stato penetrare nei pori delle erbe e delle piante e sostituirsi alla loro materia.

Due sono le cause che contribuiscono nei laghi di Tivoli all’incrostazione ed alla petrificazione delle erbe. La prima è la loro vita vegetale, nel quale periodo esse scompongono l’acido carbonico che tiene in soluzione il carbonato di calce, il quale deve in conseguenza precipitarsi nel loro contatto e produrre una incrostazione. Quest’effetto non si potè verificare sulle piante che furono trascinate nei laghi e che avevano cessato di vivere.

La seconda causa è la precipitazione del carbonato di calce originato dal disperdimento nell’atmosfera dell’acido carbonico; ed è quindi specialmente in contatto coll’atmosfera ad una piccola profondità che si producono facilmente le petrificazioni. Ad una profondità notevole l’acido carbonico è tenuto facilmente in soluzione dalla pressione delle acque soprastanti. Se quindi un tronco di un albero, una foglia o simile viene per una circostanza qualunque a discendere al fondo dei laghi ad una notevole profondità, esso vi resta sepolto prima di venire petrificato. Tale pare essere la ragione