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SULLA FORMAZIONE TERZIARIA NELLA ZONA SOLFIFERA DELLA SICILIA. 13

Le argille salate, ferruginose e gessose, come ho notato, sono spesso intercalate con straticelli di sabbia o di arena quarzosa e micacea, in modo che questa formazione può considerarsi in molti punti come un’alternanza continua di straticelli di marna e di sabbia. I gaz si esalano specialmente dalle sabbie che sono intercalate colle marne. Allorchè le arene suddette non comunicano coll’atmosfera, i gaz a misura che si sviluppano dalla scomposizione delle sostanze organiche, vi si accumulano in modo incessante e, quando queste sono attraversate da un pozzo o da una galleria, le esalazioni prendono delle proporzioni straordinarie. Nelle maccalube queste esalazioni si producono spesso da fessure esistenti nel terreno. Queste fessure attraversano gli strati di marna o di sabbia, i quali ultimi servono di veicolo ai gaz, che vengono così a convergere da molti punti verso le fessure, dalle quali si manifestano in conseguenza copiose esalazioni di idrogeno carbonato. Questo nella sua corsa trascina seco fango ed acqua salata, producendo così i fenomeni che si osservano nelle maccalube. Le acque che ne scaturiscono se sono abbondanti, come nella Salinella di Paternò del 1866 (Vedi Silvestri, I fenomeni vulcanici dell’Etna) provengono da località più elevate che la maccaluba. Se invece, come nella massima parte de’ casi, le acque eruttate dalle salse sono in quantità piccolissima, è possibile che esse siano filtrate a traverso i meati delle maccalube stesse durante le pioggie e siano sollevate poscia dalle correnti dei gaz.

Le esalazioni gazose delle maccalube, se sono accompagnate da una piccola quantità di acqua, appariscono generalmente più abbondanti che allorquando la maccaluba è da lungo tempo completamente asciutta. Questa maggiore intensità dopo un’epoca di pioggia pare tuttavia un fenomeno più apparente che reale.

Quando la temperatura delle emanazioni delle maccalube aumenta, i gaz idrogeno ed idrogeno-carbonato sono accompagnati dall’acido solfidrico. Questo fenomeno è una conseguenza naturale della composizione del terreno delle maccalube, e delle reazioni chimiche che sui diversi elementi di questo terreno produce una temperatura un po’ elevata. Il terreno delle maccalube è composto infatti di marne e di argille gessose associate a sostanze organiche: l’aumento di calore produce la reazione di queste sostanze sui solfati che si trovano insieme associati e la formazione in conseguenza di solfuro di calcio, dalla cui scomposizione in presenza dell’acqua si ha uno sviluppo di gaz acido solfidrico. Il difetto di acido solfidrico nelle esalazioni delle maccalube alla temperatura ordinaria, prova che a questa temperatura le sostanze organiche sparse ed intimamente associate a quasi tutta questa formazione non reagiscono sul solfato di calce e non ne operano la riduzione. Perchè la riduzione di questi solfati avesse luogo nell’epoca solfifera in larga scala, era quindi necessario che essa venisse coadiuvata dall’azione del calore, a meno che le sostanze organiche non fossero in quell’epoca nei loro primi periodi di scomposizione, come succede attualmente nei laghi di Tivoli, dove anche a bassa temperatura si ha una produzione notevolissima di acido solfidrico. L’acqua che accompagna le emanazioni di idrogeno carbonato e di idrogeno libero che si osservano in questi vulcanetti, tiene sempre cloruro di sodio in soluzione. La presenza costante del cloruro di sodio in queste acque, dimostra che le marne salate sono sede della produzione e delle emanazioni degli idro-carburi. Non solo in Sicilia si ma-