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uomini di tanta dottrina e sì profondamente versati in questa materia, ne reputiamo sufficienti a deviarne gl’inconvenienti le molte cautele che lo stesso sig. Petitti propone, onde meglio garantirne i sperati vantaggi; dappoichè tali impegni ed assicurazioni per parte del Governo ci fan troppo temere di vedere compromesso il suo interesse e la pubblica moralità.

Infatti, dipendendo questo sussidiario intervento governativo dal risultato dell’impresa, ognun vede come nel caso non manchi nè lo stimolo nè la facilità d’illudere. Imperocchè o il Governo si affiderà per la cognizione delle spese e dei prodotti alle assertive degl’intraprendenti, ed è pur troppo manifesto il pericolo che rimanga ingannato da quadri esagerati per estorcere il garantito interesse. Ovvero il Governo, per accorrere a ragion veduta, aggiunga un ministero suo a quello dell’impresa, e non abbisogna di dimostrazione quanto questa duplicazione di ministero sia perniciosa, e come sia poco morale e poco possa reputarsi efficace allo scuoprimento del vero, allorchè si pongano a contatto due interessi cui torni conto il nasconderlo. La verità sì difficile a conoscersi in tali affari, si renderebbe impenetrabile se si aggiunga lo stimolo di un sicuro profitto a celarla e ad oscurarla.

Al che si aggiunga la poca ragionevolezza del patto, perciocchè nei primi momenti l’impresa potrebbe esser perdente, ed allora il Governo rifonderebbe: in progresso divenire utilissima, ed allora l’utile sarebbe tutto dell’impresa.

Stabilite le condizioni fa duopo dar forma al contratto. Questo può esser concluso con una società fondatrice formata di un aggregato di persone, nelle quali il governo nella sua prudenza creda di trovare tutta la sicurezza.