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neralmente la costruzione di queste strade è stata dichiarata lavoro di pubblica utilità, e per conseguenza applicati ad essa tutti i privilegi relativi. Non taceremo però che in qualche concessione è stato ingiunto l’obligo all’impresa di riportare l’esplicito consenso del proprietario di qualche fabbrica che meritasse speciale riguardo; ma questo caso può considerarsi veramente eccezionale.

Passando a trattare del privilegio di esercizio, ossia della condotta del tratto compreso nella concessione, generalmente i governi si sono riservati la facoltà di concedere i prolungamenti delle stesse linee, e delle diramazioni che v’influiscano, stabilendo una tariffa apposita per quanto le successive concessioni dovessero transitare per la linea in antecedenza conceduta.

In qualche contratto si trova riservata al governo la facoltà di concedere la costruzione delle strade ferrate per la stessa destinazione, ed anche parallele a quelle considerate nella concessione già seguita; ma questa riserva o è inutile o veramente eccessiva.

L’altro dei privilegi che merita di esser considerato è quello dell’introduzione dall’estero delle materie occorrenti alla fabbricazione; sul quale argomento poche o niuna restrizione si leggono nei contratti delle altre nazioni, ed a larga mano si trovano concesse le esenzioni dai dazi, perchè forse desse non sono in posizione di temere una riflessibile passività da questa circostanza. Per le nostre circostanze però sembra che il privilegio dell’esenzione dai dazi si dovrebbe limitare alle macchine locomotive, ed a qualche altro articolo che sia assolutamente necessario di provvedere dall’estero: imponendo ancora che gli operai e gl’ingegneri debbano essere indigeni, esclusi soltanto quei direttori che fossero di assoluta necessità.