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L’altro da Ancona prenderebbe l’andamento del fiume Esino e traversando le pianure di Chiaravalle e di Jesi giungerebbe a Serrasanquirico; indi, seguendo il Sentino, alla Genga, Sassoferrato e, passando per s. Emiliano, all’Isola fusara. A questo punto la linea volterebbe per Scheggia, seguendo l’andamento del fiume Chiascio fino a Torciano e da lì entrerebbe nella vallata del Tevere fin sotto Todi. Proseguendo nell’andamento del fiume Naja per Santogemini e Cappetone fino a Narni: punto nel quale s’incontrerebbe colla linea suggerita dall’altro ingegnere di cui abbiamo fatto menzione, e perciò da quel punto in poi ci asteniamo di ripetere.

La scelta fra i due progetti può dipendere dagli studi locali, perchè per il tratto che traversa gli Appennini è pieno di difficoltà che, sebbene superabili, esiggono moltissime indagini.

Diriggiamoci da Roma a Civitavecchia. Il chiarissimo sig. Petitti, nel suo applauditissimo lavoro delle strade ferrate italiane, ha creduto impegnarsi con molto vigore a diriggere la comunicazione dei due mari fra Ancona e Livorno, quasi non esistesse il Porto di Civitavecchia, e dopo averlo escluso dal contatto, quando viene a parlare appena di questo porto, crede non possa esservi un interesse sufficiente per dirigersi verso esso colla strada ferrata.

Presa ad esame questa opinione, al che ci siamo intesi maggiormente stimolati da una vivissima istanza umiliata a Sua Santità dalla Camera di Commercio di Civitavecchia, sebbene inscia dell’opinione del sig. Petitti, colla quale appunto implora la comunicazione col porto d’Ancona, rammentando le passate ed antivegendo le future circostanze del commercio. Approfondita per tanto la quistione ci si presentano molte e forti ragioni,