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traggono quegli Stati, dove con più savio consiglio seguesi un opposto sistema; ma pur anco perderà gli stessi utili ricavati nell’attuale condizione di cose».
Conclude poi «Che mentre tutto l’orbe incivilito adotta le nuove vie di comunicazione, anche per coloro che più sarebbero esitanti sulla reale ed intera utilità di esse, dovrebbe chiamarsi gravissimo errore di Governo il non entrare nello stesso sistema. Perocchè, mentre da una parte si rinuncia incautamente ai vantaggi che esso può procurare, anche ridotti di tutto ciò che le illusioni dell’opinione favorevole per quelle vie può imaginare di men fondato; dall’altra per scansare pericoli insussistenti, od almeno facilissimi a prevedere, ed a rimediare, s’incontrano pericoli ben più gravi, che possono render danni maggiori ancora dei temuti . . . . . .
«Coteste diverse considerazioni sembrano dunque di per se stesse troppo evidenti, perchè non si debba concepire lusinga di vedere anche nello Stato Pontificio appagato finalmente un tal voto; noto essendo come quel Governo del resto sia stato altre volte fautore d’opere grandi, generose ed utili, delle quali esistono tanti monumenti, e con prudente ed avveduta politica abbia saputo andar a seconda de’ tempi, e delle circostanze pel maggior bene de’ popoli commessi alle sue cure» pag. 312 alla 367.
Posto dunque, che l’adozione delle strade ferrate sia in generale di grandissima utilità, e che per lo Stato Pontificio siane l’utilità anzi la necessità talmente evidente e dimostrata che non possa astenersi dell’adottarle nel suo interno, si presenta egualmente importante il non indugiare ulteriormente, perchè se meritano tutta la considerazione i vantaggi che nel ritardo si perdono,