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nella citata sua opera parla degli Stati pontificii. «Gli Stati pontificii, dice Egli, posti nell’Italia centrale, sono in condizione molto favorevole per aver linee di strade ferrate, le quali sarebbero non solo interessanti, e fondatamente presentano utili nel rispetto del commercio interno; ma offrirebbero ancora al commercio esterno tali vantaggi da rendere quelle linee, ove siano ben ordinate, di una grand’importanza non che italiana, europea.
«Il Governo Pontificio poi specialmente ci pare il più interessato nell’assunto, perchè è quello, cui sì nel rispetto economico, che nel morale della maggiore sua influenza religiosa, debba premere di accrescere e di facilitare l’arrivo a Roma di un maggior numero di forastieri provenienti da ogni parte della cristianità . . . . . . . .
«Se a siffatte considerazioni troppo evidenti, relative all’interesse di ogni luogo, aggiungiamo poi ancora quella grandissima prima notata dell’immenso vantaggio che deriverebbe a tutta la Penisola, e specialmente allo stato Pontificio, dal transito lungo di essa, perciò anche di questo, del commercio di tutta Europa coll’Oriente; di leggieri si potrà comprendere come debba premere a quel Governo di non lasciare sfuggire l’occasione di procurarsi un tal beneficio. Perocchè, trascurata una tale occasione, si fa, per chiunque sia anche men perspicace, evidentissimo che aperte dovunque le nuove vie di comunicazione, e facilitato con favori, e con comodi di ogni maniera il transito delle persone, e delle merci per altra parte, lo Stato che persisterà a non entrare in un consimile sistema, sarà per l’avvenire condannato ad una pregiudizievolissima segregazione; e quindi non solo non conseguirà alcuno de’ profitti ingentissimi che ri-