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gare altrimenti per l’interrotta comunicazione, sarebbe però gravissimo, immenso, e forse irreparabile quello che ricadrebbe sullo Stato stesso per esser così segregato e disgiunto, pel difetto di egual mezzo di contatto, dai grandi rapporti.
Nè avrebbe bastato opporre, che la cosa non sia urgente, e che ammesso pure il danno, può questo facilmente ripararsi, poichè la geografica situazione nostra, che è la base principale dell’argomento, rimanendo sempre la stessa, qualunque dilazione si frapponga, potrà sempre farsi e con la medesima utilità quello che or non si facesse. Nò, perchè il perduto è sempre perduto, ed in materia commerciale l’occasione è come il tempo, il quale fuggito che sia non si ricupera mai più. «Se l’impresa d’una strada ferrata, dice il Pezzato, manca o si dilaziona, ecco una somma d’interessi o traditi o compromessi». Poi, ognun sa, che il commercio ha pure le sue abitudini, e se il più piccolo vantaggio a cosa vergine può bastare perchè si adotti una anzi che un’altra via, preso però un avviamento, contratta e radicata un’abitudine, non bastan qualche volta le più evidenti ragioni per deviarne. Gli usi presi, i rapporti contratti, la garanzia dell’esperienza, sono tutte rilevantissime circostanze, le quali favoriscono la strada vecchia a fronte di utilità eguali, o dubbie, o non rilevantissime.
Tutte queste ragioni di utilità, e di assoluta necessità dimostrano ad evidenza non potersi nel territorio pontificio non solo ricusare, ma neppur ritardare la costruzione delle strade ferrate; ma in bocca nostra possono esser sospette come dettate da soverchio amor di patria; concluderemo quindi col trascrivere letteralmente l’opinione del coscienzioso sig. Petitti, ove appunto