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pane a tante migliaja di persone, alle quali quelle macchine furono sostituite. Questo danno però può a tutt’altro imputarsi, che all’applicazione del vapore, imperocchè desso è stato surrogato ai motori, cui rare volte supplivano gli uomini, ma quasi sempre le bestie, e l’acqua; e l’immensa utilità che da siffatta applicazione si ottenne, consiste nella celerità del movimento, ed ancor più nella facoltà d’istituire in qualunque località qualsivoglia opificio, purchè possa recarvisi il combustibile per far agire una caldaja: dalla qual distinzione emerge inevitabilmente, che l’invenzione delle macchine meccaniche, e non l’applicazione del vapore, diminuì il bisogno degli uomini nelle manifatture.

Ma trattiamo pure nel loro complesso gli effetti delle invenzioni, e delle applicazioni, e ne avremo che ciò darebbe luogo a discutere, se in quelle nazioni che abbondavano di lavoro e di operai in adequata proporzione, dovesse e potesse essere almeno regolata e diretta l’applicazione della grande scoperta con norme e regole che ne modificassero ed alleggerissero l’urto troppo rapido e violento, in modo di dar agio alle popolazioni che in altra guisa si potessero bilanciare, od almeno porre i mezzi governativi a livello delle nuove cause del pauperismo. È però anche vero che, nonostante quei mali, sono quelle due nazioni, l’Inghilterra e la Francia, le maestre, e l’invidia di tutte le altre per sapere, per civiltà, per ricchezze, per prosperità.

Che se dopo tanti anni il pauperismo persiste tuttora specialmente in Inghilterra, ciò non esclude la sua prosperità, e quasi potrebbe dirsi che indirettamente la prova, imperciocchè senza le grandi risorse che l’industria ed il commercio, sussidiati appunto e dalle macchine e dal vapore, gli somministrano, non potrebbe so-