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bene si comprende come i Greci riconoscenti abbiano dato il nome di patria grande a quelle terre da cui venne loro la gentilezza del viver civile. Mi piace però ancor qui aggiungere una testimonianza di Erodoto, riportata dal Mazzoldi, quale mi pare adatta ad aggiunger peso alle mie osservazioni. Narra dunque Erodoto che combattendo i Lidi ed i Medi da una parte e gli Joni dall’altra ai tempi di Aliatte, circa seicento anni avanti l’èra volgare, avvenne tutto ad un tratto che, nel fervore della pugna, di giorno si fece notte; di che i Lidi ed i Medi ebbero grande spavento; e gli Joni all’incontro niuno, perchè Talete avea già dapprima ad essi predetto l’avvenimento di quell’eclissi. Dice egualmente che nel medesimo tempo Arione, che fu il primo inventore del ditirambo, venendo in Grecia dalla Sicilia e dall’Italia, ove avea raccolto un gran tesoro di danaro citareggiando, fu gittato in mare dall’iniqua avarizia del nocchiero. Cosi Erodoto con questi due racconti contemporanei ci chiari brevemente che nel primo secolo di Roma i Lidi eran tuttora barbari, mentre si spaventavano per un’eclissi, e che i Greci, ignoranti le cose astronomiche, imparavano da Talete, che era di Mileto, qual ne fosse la causa; e per ultimo che i Siciliani e gli Italiani erano ancora un popolo ricco e civile che profondeva il suo danaro ai citaredi ed ai poeti. Dopo ciò si oserà forse impugnare essere stata la cara nostra Italia la culla dell’umano incivilimento?

Con più ragione mi si domanderà forse come disparve una civiltà tanto avanzata senza lasciar di sè traccia. Io già accennai le barbare invasioni che