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concepirsi inversamente, cioè che la sua corrente fosse andata dall’Occidente all’Oriente per uno di quei ritorni di cui abbiamo tanti esempi nella storia moderna? Non potrebbesi forse supporre essere i Pelasgi quelli abitanti della Tirrenia, della Sicilia, dell’Atlantide infine, che fuggenti dalla patria loro per le convulsioni terraquee, emigrando tutti dedicati al solo elemento che gli presentava scampo, al mare, approdassero quasi contemporaneamente sulle varie spiagge mediterranee, e vi apportassero la semenza della primitiva civiltà italiana? Non dovrebbe rammentarsi che è forse di origine italica il tradizionale sistema delle primavere sacre, pel quale periodicamente spedivasi alla ricerca del meglio un’esuberanza di valida gioventù, che era allor consacrata agli Dei con riti e forme filosoficamente istituite dal sacerdozio, che vedemmo imperante nella Tirrenia? Queste spedizioni indubbiamente erano marittime, perocchè il popolo italico dovea essere eminentemente navigatore; Omero lo testifica, e le prime monete in bronzo col Giano e la nave il confermano. Potrà ancora supporsi che queste spedizioni successive giungessero l’una dopo l’altra in barbari paraggi, apportatrici di civiltà e che fossero condotte da giovani istruiti e risoluti, i quali furono divinizzati dai popoli riconoscenti sotto nomi che alludono per lo più al mare. Il che mi sembra un appoggio a tale idea, quale ove fosse accettata generalmente senza preconcetto, sistema favoreggiatore della boria nazionale degli scrittori, renderebbe migliori le notizie storiche degli antichi scrittori latini; e forse si giungerebbe con quella critica che non solo sa distruggere