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Venendo ora a considerare il tipo principale di tutte queste monete, cominceremo da quelle di Messana.

Il sommo Eckhel1 notando come variassero le forme di Pane in quelle medaglie, aggiungeva: Quae sit variantis eius causa, divinare difficile. Toccava allo studio della storia dell’arte il togliere questa pretesa difficoltà; alla quale potè dare origine l’usanza di allora di considerare gli antichi monumenti come manifestazioni inalterabili di una teologia misteriosa, e non come opere di quell’arte che pur ispirandosi alla tradizione religiosa, seguiva con più ardore i canti de’ poeti e modificavasi per necessità al modificarsi di questi e al migliorarsi delle arti stesse del disegno. Disposte in ordine di tempo le medaglie messanesi, vedremo la testa irsuta di Pane dalle lunghe corna caprine mutarsi in quella di un giovanetto imberbe e senza corna. Fra le più antiche una (Tav. III, n. 4) ha le stesse forme che si vedono nelle sculture attiche; e un’altra (Tav. III, n. 5) con le corna ritte in alto e i capelli e i peli della barba più irsuti, ci ricorda le notissime medaglie di Panticapea, e quelle della famiglia romana Vibia. Fra le più recenti (Tav. I Tav. I, n. 6 e Tav. III, n. 3, 6, 7, 8) alcuna volta la testa è diademata ed ha capelli lunghi o corti, e piccole corna; mentre in talune altre invece di corna vi hanno corti e quando irti ciuffetti che accennano quasi all’animalesco attributo; mentre la siringa, posta avanti la testa, ricorda il dio de’ pastori. Più chiaro si scorge il pastorale strumento nella moneta siracusana (Tav. III, n. 2); in essa una ghirlanda lo cinge quasi a segno di onoranza, e si possono contare agevolmente le nove canne. Dall’altro lato la testa del dio è imberbe, ma cornuta e con lunga capigliatura la quale ci ricorda il νόμιον θεὸν ἀγλαέθειρον dell’inno omerico.

Se il tetradrammo messanese con la figura intera del

  1. Sylloge, pag. 19.