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il quale ha pure di grandi pregi, malgrado che per un movimento del conio la parte superiore della figura del dritto risultasse schiacciata e duplicata; vi si scorge per intero il cane che fiuta a terra e, meglio che negli altri esemplari, la testa dell’erma; poi nel rovescio, molto ben conservato, si legge nitidamente la desinenza ΙΑ nell’iscrizione dell’esergo.

Intorno a queste desinenze, inesplicate finora, del nome di Segesta, molte osservazioni sarebbero da farsi1; soltanto voglio notare per ora che la leggenda ΣΕΓΕΣΤΑΙΑ trovasi esclusivamente in questi tetradrammi2, mentre ne’ didrammi e nelle altre frazioni s’incontrano le terminazioni ΙΒ (o ΗΙΒ) ΙΕ, ΙΒΕΜ e ΙΒΕΜΙ da sinistra a destra a ritroso3; delle quali alcune si riproducono nelle monete ericine, ond’è forse da cercarne la spiegazione nelle lingue dell’Oriente, donde provenivano gli Elimi abitatori di Segesta e di Erice.

Quantunque ne’ disegni del Castelli4 un uomo ignudo tenga le tre spighe e faccia l’ufficio di auriga, pure nelle monete troviamo una donna, anzi Cerere senza alcun dubbio. E questa è una di quelle pregevoli rappresentazioni

  1. Mentre correggeva le bozze di questo articolo, mi giunsero le due prime dispense di quest’anno della Numismatische Zeitschrift di Vienna ne’ quali si trova uno scritto del Friedländer intitolato ΣΕΓΕΣΤΑΙΒΕΜΙ, eine Anfrage. L’autore riunisce con la sua solita accuratezza gli elementi che possono servire alla spiegazione di quelle desinenze, le quali al dir di lui, attendono il loro Edipo (p. 26); ma intorno alla parola ΕΜΙ che forma più particolarmente l’oggetto di quell’articolo, spero di poter pubblicar fra breve gli argomenti pe’ quali non mi è permesso di accettare la spiegazione proposta dal mio illustre amico di Berlino.
  2. Presso un negoziante di monete vidi or sono alquanti anni un esemplare moderno, ma gettato su di un originale antico, coi medesimi tipi del n. 2, e con l’iscrizione ΣΕΓΕΣΤΑΙΒ nel dritto.
  3. Queste sono le forme ch’io ho potuto copiare, secondo è mia usanza, dagli originali stessi; altre varianti provengono solo da esemplari incompleti o da cattivi disegni.
  4. l. c. tav. LXII, 1.