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288 | r. serra |
allusum volunt, quibus Damnosi semper subsituere canes, iactus scilicet aleæ infausti damnosique.
Ognun vede quanto da vicino il mito di Atteone, prodigo, che del suo peccato trova la punizione simbolica nell’esser dilaniato da una muta di cani (nè importa se tale non lo pensò e non lo affigurò Ovidio, poichè tale dovè Dante vederlo), rassomigli, così nel significato ideale come nella rappresentazione concreta, all’episodio, in cui Dante descrive la pena dei dissipatori (i quali non sono altro che prodighi, il cui peccato si manifestò in atto di violenza).
Par certo dunque che Dante si sia ispirato alle Metamorfosi. Però tra le due figurazioni le differenze non mancano: lo stretto legame, che nel mito univa la vita reale, così almeno si credeva, di Atteone, prodigo cacciatore, e le particolarità esteriori della finzione, con cui si esprimeva, dilegua in Dante: nella poesia del quale le cagne e la caccia furiosa non hanno alcuna relazione con la vita di Jacopo e di Lano; mentre l’episodio individuale è allargato ed elevato fino ad assumere una funzione etica generale.
Poi, quel che più vale, ci son differenze anche di forma: presso Ovidio, avvenuto il prodigio della trasformazione d’Atteone in cervo, l’azione si svolge come in tutte le solite cacce. Ben altrimenti in Dante; dove la caccia ha un colore tutto pauroso e fuor del naturale: le cagne nere e bramose, che infuriano per la selva d’inferno, non paion discendere da Tero e da Melampo, più di quel che dal cervo Atteone quegli uomini nudi, tremanti, così stranamente cacciati.
Chi ben guardi, queste differenze accusano, non foss’altro, una trasformazione profonda degli elementi fantastici di Ovidio. Della quale appunto io credo di poter render ragione, per mezzo d’una fonte, che, trascurata finora, ha però tanta importanza, almeno a me pare, da persuaderci che le altre fonti son tutte secondarie; che le cagne non hanno origine antica; e che l’azione di Ovidio su Dante dovè esser tenuissima, e limitata a un suggerimento, a un avviamento per un cammino che poi il poeta percorse da solo.
Dico che Dante si ispirò alla popolare leggenda della caccia selvaggia1.
- ↑ Si fa un gran parlare delle fonti popolari della Commedia; però, al-